lunedì 11 novembre 2013

GIORGIO ORELLI-OMAGGIO AD UN GRANDE

"Dal buffo buio

Dal buffo buio
sotto una falda della mia giacca
tu dici: "Io vedo l'acqua
d'un fiume che si chiama Ticino
lo riconosco dai sassi
Vedo il sole che è un fuoco
e se lo tocchi con senza guanti ti scotti
Devo dire una cosa alla tua ascella
una cosa pochissimo da ridere
Che neve bizantina
Sento un rumore un odore di strano
c'e' qualcosa che non funziona?
forse l'ucchetto, non so
ma forse mi confondo con prima
Pensa: se io fossi una rana
quest'anno morirei"

"Vedi gli ossiuri? gli ussari? gli ossimori?
Vedi i topi andarsene compunti
dal Centro Storico verso il Governo? "

"Vedo due che si occhiano
Vedo la sveglia che ci guarda in ginocchio
Vedo un fiore che c'era il vento
Vedo un morto ferito
Vedo il pennello dei tempi dei tempi
il tuo giovine pennello da barba
Vedo un battello morbido
Vedo te ma non come attraverso
il cono del gelato"

"E poi?"
"Vedo una cosa che comincia per GN"
"Cosa?"
"Gnente"

("Era solo per dirti che son qui,
solo per salutarti")"

(Giorgio Orelli-Sinopie)


Ieri il tempo per me si è fermato. E nello stesso tempo, ricordando quello che avevo sentito a proposito di Giorgio da una mia parente, è anche proseguito. Giorgio Orelli è volato con la sua penna, penna che ha consegnato molti capolavori e che i critici hanno definito "post ermetica", nella notte di san Martino, quando tutto tace e il mondo si riscopre nella sua dimensione più vera, quella della notte e del silenzio.

Per me Giorgio non era solo "uno di famiglia". Come Giovanni, fin da quando ho iniziato a muovere i primi passi timidi nel mondo della scrittura, è stato, ed è tuttora, uno dei miei esempi cardini. Di lui, e questo ricordando in particolare la sua raccolta di poesie "Il collo dell'anitra", apprezzavo quella complessità nello stile che esaltava anche le cose più semplici, dagli affetti agli oggetti del nostro quotidiano, e che ha fatto sì che il nostro piccolo canton Ticino si facesse conoscere anche fuori dai confini. Insieme al cugino Giovanni, ha saputo dare bellezza e rendere il dialetto ticinese una lingua letteraria, una cosa che non era mai capitata con nessun altro dialetto. Come Giovanni era figlio di Bedretto, e della Leventina, che nella sua asprezza e nel suo rigore, soprattutto quello dell'inverno, sa essere anche generosa a chi sa conoscerla.

Come non ricordare inoltre il suo impegno come critico letterario. Attraverso di lui, i grandi autori del calibro di Petrarca, Montale, Dante, tornavano a vivere, e questo ha fatto sì che molti degli allievi che lo hanno avuto, siano arrivati con il tempo ad amarlo molto. Sono rare infatti le persone che, attraverso la parola, stimolano e nello stesso tempo aprono la mente a chi ancora non conosce quell'autore.

Come non ricordare inoltre non solo i riconoscimenti, numerosi, che ha ricevuto in vita, ma anche quello che ha dato al canton Ticino e alla sua gente, sia attraverso i suoi libri che attraverso la sua personalità, che mia nonna, parlandomene per la prima volta, ha definito "gioiosa, sensibile e molto semplici", come gioiose, sensibili e molto semplici lo sono le sue poesie. Eppure, proprio in quella loro semplicità, hanno saputo parlare per più di trent'anni e di sicuro continueranno a parlare ora che Giorgio non è più in questo mondo.

"Verba volant, scripta manent" dicevano i latini...ed io non posso che ringraziare questo familiare, questo mito, questo esempio, per tutto quello che ha consegnato e che rimarrà per sempre.

Grazie ancora Giorgio...anche se sono ancora all'inizio del mio percorso, ti prometto che non appena raggiungerò la dovuta "maturità letteraria", cercherò per quanto possibile di portare avanti quello che hai lasciato dietro il tuo cammino. Un abbraccio silenzioso.



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